Ignazio Masulli
Storico contemporaneista

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La storia e le forme. Auto-organizzazione dei sistemi naturali e sociali
Editori Riuniti, Roma 1991.
Ripercorrendo la via classica di un lungo ed insesaurito dibattito sui caratteri della conoscenza storica, l’autore ritiene che un riesame dello statuto delle scienze storico-sociali non possa prescindere dal confronto con le scienze naturali.
Finora questo confronto ha condannato la storia e le scienze umane ad uno statuto debole, proprio perché scienze del particolare e non del generale. Masulli dimostra come, oggi, le cose stiano in un modo diverso. Gli straordinari sviluppi verificatisi in molti campi delle scienze contemporanee – dalla fisica dei processi irreversibili ai portati della rivoluzione microbiologica, dalle teorie post-darwiniane fino ai risultati più recenti delle scienze cognitive – hanno indotto molti scienziati naturali alla ricerca di strumenti concettuali diversi da quelli tradizionali.
In particolare, per ciò che riguarda l’auto-organizzazione dei sistemi complessi, non si può più parlare di leggi universali, bensì specifiche. Inoltre, i mutamenti che si verificano in questi sistemi hanno carattere di singolarità ed imprevedibilità. E si connettono alla storia precedente del sistema.
Tutto ciò porta ad un reale accorciamento delle distanze tra scienze naturali ed umane. La “nuova alleanza”, auspicata e sostenuta da Ilya Prigogine e da altri, sembra effettivamente possibile.
Ma, non tanto paradossalmente, il sostegno a questa prospettiva è venuto, finora, soprattutto da parte degli scienziati naturali.
La novità importante di questo libro è che il problema viene affrontato dal punto di vista delle scienze storico-sociali. E lo si fa con un’elaborazione autonoma che tiene conto dei loro specifici problemi, ma anche con una visione d’insieme molto efficace e suggestiva dei cambiamenti profondi che sono intervenuti nel panorama epistemologico contemporaneo.
E’ su questa base che l’autore elabora e propone un nuovo modello teorico, che definisce paradigma della forma, capace di interpretare l’auto-organizzazione dei sistemi complessi sia nell’evoluzione naturale che in quella socio-culturale dell’uomo.
Ci sembra importante sottolineare die non si tratta di un risultato speculativo, né di un modello astratto, sovrapposto alla ricerca. Esso è ricavato dai risultati scientifici e dai problemi aperti da questi: Risultati e problemi che l’autore esamina in vari ambiti disciplinari. Il paradigma della forma affida, quindi, la sua verificabilità alla possibilità- utilità di interpretazione di quei risultati e di reimpostazione di quei problemi.
Ciò spiega l’ampia analisi dei passaggi nodali dello sviluppo delle scienze contemporanee, fatta dall’autore, e lo sforzo fortemente interdisciplinare che caratterizza la sua impegnativa ricerca.
Ovviamente la verifica maggiore della possibilità e utilità dell’impiego del paradigma della forma, Masulli la propone nell’ambito della stessa ricerca storica. Ritornando al punto di partenza ed ai motivi iniziali del suo lavoro.
Su questo piano, egli propone un deciso slittamento da una spiegazione di tipo causale dei fatti storici ad un’analisi di tipo morfologico.
Una spiegazione di tipo causale, per ammissione dei suoi stessi sostenitori, quando si tratti di fatti storia, non può che essere in vario modo condizionata, adattata, indebolita, fino a non essere più veramente tale. In pratica, si finisce col trovarsi spesso di fronte ad una semplice narrazione di eventi. L’analisi di tipo morfologico proposta da Masulli si sposta, decisamente su un altro piano. La forma di cui egli parla non è la forma come risultato del mutamento (forma-formata), è la forma del mutamento stesso (forma-formante).
Il guadagno metodologico sottolineato dall’autore, è che l’interpretazione storica non è più fatta in termini di mero bilancio del risultato del mutamento (bilancio che è difficile sottrarre al rischio di una ricostruzione giustificativa di ciò che è avvenuto). Ne’ il mutamento – in quanto risultato di una concatenazione causale di eventi – rischia di essere isolato in una unicità riduttiva e non confrontabile. Viceversa, uno studio morfologico della dinamica del mutamento rende effettivamente possibile un’analisi comparata.
Gli esempi di applicazione dell’analisi morfologica ai processi storici, che l’autore porta nella seconda parte del libro, mostrano bene le possibilità e i vantaggi di questa impostazione.
Per dirla nel modo più sintetico, il processo di crisi e trasformazione storico è confrontato con i processi di biforcazione che caratterizzano la dinamica dei sistemi complessi in condizioni lontane dall’equilibrio. In tali condizioni, il sistema può conoscere uno stato di forte instabilità caratterizzato da fluttuazioni anormalmente ampie. Con linguaggio molto pertinente anche dal punto di vista storiografico, possiamo dire che il sistema è in prossimità della soglia critica del mutamento. Se questa soglia sarà superata, cambierà il modo di funzionamento del sistema. Esso, cioè, acquisterà una nuova morfologia. L’esito del mutamento è imprevedibile. Il che non significa che è arbitrario e casuale.
Uno degli esempi che l’autore fa nella II parte del libro per illustrare questo tipo di dinamica è lo stabilirsi di relazioni tra eventi prima indipendenti tra loro. Nel caso dell’emigrazione transoceanica di fine Ottocento, essi furono: la crescita delle produzioni cerealicole nell’America settentrionale e meridionale; l’aumento della produzione risicola e delle piante tessili nell’Asia sud-orientale; l’innovazione tecnologica della navigazione a vapore; il taglio dell’istmo di Suez; le riforme della feudalità succedutesi nella seconda metà dell’Ottocento nei paesi dell’Europa orientale. Le correlazioni stabilitesi tra questi eventi diversi condussero al superamento della soglia critica dell’instabilità sociale nelle campagne di vari paesi europei e al determinarsi di grandi flussi migratori verso l’America.
L’imprevedibilità dei mutamenti storici pone a sua volta un altro problema: il superamento della dicotomia caso-necessità.
Se tale dicotomia è stata giudicata limitata e fuorviante nello studio dell’evoluzione naturale, lo è in misura ancora maggiore nella rappresentazione dell’evoluzione sociale e culturale.
Il paradigma della forma, viceversa, è in grado di interpretare l’auto-organizzazione dei sistemi complessi, sia nell’evoluzione naturale che in quella socio-culturale, in modo né deterministico, né casuale.
Per lo storico – afferma Masulli – si tratta di un grande vantaggio, logico prima ancora che metodologico.