Ignazio Masulli

Storico contemporaneista

Percorso di ricerca

I primi studi, negli anni ’70 e primi ’80, hanno riguardato le origini del fascismo, la propaganda del regime e la sua fine nella crisi del 1943-45. Altre ricerche, svolte negli stessi anni, hanno esaminato l’erompere della conflittualità di massa nell’Italia di fine Ottocento e primo Novecento. Lotte che hanno rappresentato una radicale svolta nella storia del Paese. Infatti l’auto-organizzazione di vasti strati delle classi lavoratrici in sindacati autonomi e la loro militanza nel partito socialista hanno segnato il passaggio dalla condizione di subalterni a quella di cittadini pienamente consapevoli dei propri diritti politici e sociali. Va sottolineato che il fenomeno si verificò, nello stesso periodo, anche in Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti e rappresentò l’inizio della formazione della moderna società di massa. Questi aspetti comparativi e innovativi dell’organizzazione sociale ed espressione politica sono ripresi e approfonditi anche in studi successivi dedicati a quell’importante periodo storico.

Dalla metà degli anni ’80, agli studi storici si è affiancata una riflessione metodologica ed epistemologica. Essa nasceva da una crescente insoddisfazione per la debolezza di statuto scientifico in cui restavano consegnate la storia e le altre scienze in un tradizionale e schematico confronto con le scienze naturali. L’impossibilità per gli storici di adottare spiegazioni propriamente causali e l’alternativa di dover ripiegare su una ricostruzione di eventi in termini sostanzialmente narrativi era affatto insoddisfacente e, a ben guardare, poneva l’esigenza di superare la tradizionale dicotomia tra caso e necessità. D’altra parte, in quegli stessi anni, si assisteva ad una plurale tendenza a riconsiderare i rapporti tra scienze naturali e sociali in una prospettiva di convergenza. Infatti nei primi anni ’80 venivano pubblicati anche in Italia i libri di svolta di Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, Jean Piaget, Gregory Bateson, Edgar Morin, Francisco Varela, Ervin Laszlo e altri. Elemento ricorrente in questi testi è l’importanza dell’epistemologia della complessità. Ed è stato proprio lo studio della teoria dei sistemi complessi a segnare un salto nella ricerca di Ignazio Masulli. Su questa base egli ha elaborato il Paradigma della forma consistente in un nuovo strumento teorico volto al superamento della tradizionale dicotomia tra caso e necessità nella spiegazione dei fenomeni sia naturali che sociali. La pubblicazione di questi risultati nel libro Nature and History. The Evolutionary Approach for Social Scientists (1990) e in La storia e le forme. Auto-organizzazione dei sistemi naturali e sociali (1991) gli hanno consentito il dialogo e la collaborazione con Ilya Prigogine, Francisco Varela, i collaboratori italiani di Edgar Morin, nonché l’inizio di un lungo sodalizio con Ervin Laszlo.
Gli sviluppi successivi della ricerca si sono affacciati su due versanti. Il primo e più immediato ha riguardato l’approfondimento dei processi di biforcazione che caratterizzano l’evoluzione dei sistemi complessi e il confronto con le proprietà che connotano i processi di trasformazione storici (Il rapporto tra scienze naturali e sociali nel panorama epistemologico contemporaneo, 1995).
Il secondo ha riguardato l’apporto che può venire dalla storia e dalle altre scienze sociali ad una riconsiderazione del rapporto uomo – natura in termini di reciproca ed intima appartenenza. Appartenenza e immanenza che non possono che essere concepite in termini olistici (Towards a Theory of Self-Organization of Natural and Social Systems: the Theory of Form, 1992).
Una terza derivazione da quel nucleo di ricerca ha riguardato la messa a punto del concetto di mappe cognitive e del suo impiego nello studio dei mutamenti sociali (The Evolution of Cognitive Maps, 1993).

Concetti e metodi ricavati dagli studi epistemologici non potevano non avere una forte ricaduta nelle ricerche storiche successive. Esse, infatti, sono state caratterizzate dall’esigenza dominante di ricostruire le dinamiche dei mutamenti economici, sociali, politici e culturali.
Si spiega così tutta una nuova serie di studi sulle lotte delle classi lavoratrici e della loro incidenza, maggiore o minore, nel promuovere nuove forme dell’organizzazione sociale e politica. Di qui anche gli studi sul Welfare State in termini di movimenti tendenti ad una rinegoziazione del patto sociale (Welfare State e patto sociale in Europa, 2003).

Gli studi più recenti hanno riguardato soprattutto i mutamenti economici, sociali e politici verificatisi negli ultimi decenni in ambito internazionale. L’ipotesi di ricerca di questi studi è che la crescente mercificazione e marginalizzazione del lavoro non solo hanno portato ad un peggioramento delle condizioni sociali delle classi lavoratrici e dei ceti medi, ma sono state fonti di una crescente instabilità del sistema sociale nel suo complesso, fin quasi al profilarsi di una “società della crisi” (Precarietà del lavoro e società precaria nell’Europa contemporanea, 2004).
Il frutto più maturo di questa più recente fase di ricerca è rappresentato dal volume Chi ha cambiato il mondo? La ristrutturazione tardocapitalista, 1980-2012, uscito nel 2014. Si sostiene che la ristrutturazione capitalista verificatasi nell’ultimo trentennio e riguardante non solo l’area euro-atlantica, ma le potenze emergenti e i paesi in via di sviluppo in Asia, Africa e America Latina, si è imperniata su tre assi principali. Il primo è costituito da una crescente delocalizzazione delle attività produttive in paesi del Sud del mondo dove è possibile sfruttare al massimo grado una forza lavoro a bassissimo costo. Il secondo consiste in un’automazione spinta nella produzione di beni e servizi consentita dalle applicazioni della rivoluzione microelettronica. Applicazioni che hanno portato ad una crescente riduzione, dequalificazione e intercambiabilità della manodopera. Il terzo è rappresentato da un accentuato spostamento di investimenti nelle attività finanziarie. Sicché il grado di autonomia e potere raggiunto dal capitale finanziario gli consente di svolgere un ruolo di regolazione dei rapporti interni all’intero sistema economico. Queste tre strategie e i loro incroci hanno avuto come obiettivo e risultato uno spostamento dei rapporti di forza tra capitale e lavoro a vantaggio del primo di proporzioni affatto inedite rispetto ai decenni precedenti. Il che ha consentito un attacco sistematico ai diritti e conquiste sociali delle classi lavoratrici nei paesi di più antico sviluppo, nonché al sommarsi di nuove forme di sfruttamento ai tradizionali squilibri sociali nei paesi meno sviluppati.

Senonché la massima concentrazione di ricchezza e potere raggiunta dai gruppi dominanti nel trentennio neoliberista non ha fatto che aggravare ulteriormente contraddizioni e squilibri già giunti a punti limite su tutti i piani: ecologico, demografico, economico, sociale, politico.
Queste tendenze di crisi e le radicali alternative che sempre più urgentemente s’impongono costituiscono i nuovi argomenti di ricerca. Accanto ad essi è in progetto una ripresa dei temi epistemologici ed in particolare di quello riguardante la possibilità e necessità di una nuova coscienza storica di specie.

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