Ignazio Masulli

Storico contemporaneista

Nature and History. The Evolutionary Approach for Social Scientists

Ignazio Masulli, Routledge, London-New York 2020

Questo libro è la riedizione di un altro pubblicato nel 1990 da Gordon & Breach Science Publishers. L’autore ripercorre le principali tappe che negli ultimi decenni hanno caratterizzato gli studi evolutivi in diversi settori sia delle scienze naturali che di quelle storico-sociali facendo particolare riferimento all’epistemologia della complessità.
Uno dei risultati più rilevanti di tali studi è riscontrabile nell’importanza assunta dalla dimensione storica in diversi ambiti scientifico-disciplinari: dalla fisica dei processi irreversibili a importanti fenomeni chimici, oltre a quelli riguardanti l’intera biosfera, fino alle scienze cognitive. Ciò ha consentito un notevole accorciamento di distanze tra le scienze naturali e sociali e permette di riscattare la ricerca storica da uno statuto a lungo considerato debole in quanto scienza del particolare. Sulla base delle nuove acquisizioni metodologiche e cognitive, Ignazio Masulli elabora una ”teoria della forma” applicabile all’interpretazione dei fenomeni evolutivi, sia naturali che sociali, e che permette alla conoscenza storica di superare la tradizionale dicotomia caso-necessità.

Immigrazione ed evoluzione sociale

Ignazio Masulli, in Migrazioni e sindacato, a cura di B. De Sario ed E. Galossi, Ediesse, Roma 2020, pp. 163-176

I vantaggi che gli immigrati dal Sud del mondo portano nei paesi meta dell’Europa occidentale e negli Usa sono stati già documentati dall’autore in studi precedenti, dimostrando il carattere strumentale e deviante delle politiche di respingimento praticate da quegli stati. L’utilità e spesso la necessità dell’apporto degli immigrati nei paesi ospiti – in termini di riequilibrio demografico, di concorso alla crescita economica, di sostegno, anziché peso, per i sistemi di welfare, nonché di vantaggio per la fiscalità generale – viene ripresa ed ampliata alla considerazione di altri aspetti.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, non solo non v’è competizione con i lavoratori di più antica residenza, ma gli immigrati coprono settori scoperti, arricchiscono l’offerta e favoriscono la domanda. Di più: proprio perché il lavoro è lo strumento cardine della loro integrazione, gli immigrati sono levatrici di etica e cultura del lavoro. La rivendicazione di diritti e la partecipazione, appena possibile, all’attività sindacale sono strumenti essenziali dell’integrazione sociale. Il saggio si diffonde su questi ed altri aspetti, valendosi anche di confronti storici, per dimostrare come l’immigrazione rappresenti un lievito indispensabile per la trasformazione e l’evoluzione di società aperte. Infine, com’è accaduto in fasi storiche precedenti, anche i flussi migratori del XXI secolo possono concorrere ad un accorciamento di distanze tra macroregioni del mondo. E quanto questo sia importante è dimostrato dall’esigenza improcrastinabile di far fronte comune ai gravi squilibri ecologici, demografici e sociali del mondo contemporaneo, cui si aggiungono oggi i drammatici effetti della pandemia.

Nuove forme di conflittualità e rappresentanza dei lavoratori italiani nel 1919-20

Ignazio Masulli, in Inchiesta, A. XL, n.207, gennaio-marzo 2020, pp. 76-80

A cento anni dal “biennio rosso” il saggio esamina uno dei nodi principali che le classi lavoratrici affrontarono in una fase apicale delle loro lotte. La loro ricostruzione mostra bene come esse oscillarono tra rivendicazioni di miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, gravemente compromesse dalla guerra e dalla crisi successiva, da un lato, e l’aspirazione dichiarata delle componenti più radicali di rovesciamento dell’ordine costituito, imitando l’esempio sovietico, dall’altro. Quell’oscillazione si riflesse, oltre che nella varietà di posizioni all’interno dello stesso partito socialista, anche nei modi d’intendere e praticare le nuove forme di rappresentanza, massimamente ispirate al modello dei soviet. La ricostruzione e il mancato risultato finale non possono non tener conto, oltre che delle insufficienze e contraddizioni del movimento, anche delle condizioni reali del paese, nonché del potere della controparte sociale e politica. Controparte che mise in campo tutta la sua intransigenza ogni volta che le lotte si spingevano fino al punto di condizionare i modi di determinazione del profitto.

Perché i paesi dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti respingono i migranti?

Ignazio Masulli, in Giornale di Storia Contemporanea, XX, n.s. 1, 2018, pp. 7-14.

Formazioni politiche e governi nazionalisti e xenofobi cercano di guadagnare facili consensi ingannando l’opinione pubblica su quattro punti tra i più ricorrenti della loro propaganda menzognera. Propaganda che indica i flussi migratori come una minaccia per la sicurezza ed il benessere delle popolazioni autoctone. Il primo consiste nel far ritenere che tali flussi costituiscono un’ondata di piena di grandi proporzioni e difficilmente contenibili. In secondo luogo si occultano le responsabilità dirette che proprio i paesi meta dell’area euro-atlantica hanno nell’intraprendere le azioni militari, fomentare i conflitti interni e causare le condizioni di grande povertà da cui quei migranti cercano di fuggire. Il terzo inganno consiste nel far credere che gli immigrati sottrarrebbero lavoro alla popolazione residente da più lunga data. Infine si nascondono i vantaggi che essi arrecherebbero in termini di riequilibrio demografico, contributo alla crescita economica e al mantenimento degli attuali livelli di welfare, nonché per i contributi fiscali decisamente maggiori delle spese. Senza menzionare i guadagni che i paesi ospiti riceverebbero in termini di arricchimento socio-culturale. Il saggio di Ignazio Masulli documenta questi fatti ed anzi dimostra come sarebbe auspicabile una ben governata accoglienza di un numero molto maggiore di migranti rispetto a quelli che bussano attualmente alle nostre porte. Il saggio si conclude con un’ipotesi esplicativa delle ragioni che hanno portato a tale percezione rovesciata della realtà. Un rovesciamento cui concorrono anche attori politici sedicenti moderati o di centro-sinistra, in una rincorsa demagogica quanto dannosa verso una società chiusa ed entropica

2015 – Lampedusa

Ignazio Masulli, in Storia mondiale dell’Italia, a cura di Andrea Giardina con la collaborazione di Emmanuel Betta, Maria Pia Donato, Amedeo Feniello, Editori Laterza, Roma- Bari, 2017, pp. 817- 820.

La Storia mondiale dell’Italia ripercorre un cammino lungo 5000 anni per tappe e si compone di 176 brevi saggi di altrettanti autori che ricostruiscono quelle tappe attraverso episodi emblematici.
L’opera inizia con l’uomo ritrovato nel ghiacciaio delle Alpi e vissuto nel 3200 a.C. e si chiude col naufragio al largo delle coste libiche di circa 700 migranti diretti a Lampedusa il 17 aprile 2015.
E’ una storia che si contrappone alle concezioni falsamente identitarie oggi prevalenti. Infatti nella sua storia mondiale “Italia” definisce uno spazio fisico molto particolare nel bacino del Mediterraneo. Un luogo che è stato nel tempo punto di intersezione tra Mediterraneo orientale e occidentale, piattaforma e base di un grande impero, area di massima espansione del mondo nordico e germanico e poi di relazione e di conflitto tra Islam e Cristianità. E così, via via, fino ai nostri giorni quando l’Italia è uno degli approdi dei grandi flussi migratori che muovono dai tanti Sud del mondo. Sicché la nostra storia deve essere indagata e compresa in termini di relazione tra ciò che arriva e ciò che parte, tra popoli, culture, economie, simboli. In questo senso il saggio di Ignazio Masulli, 2015 – Lampedusa, chiude l’opera nel modo più emblematico. Come scrive Andrea Giardina nell’Introduzione, “…l’accelerazione della storia ha fatto di Lampedusa, nei nostri giorni, il luogo d’Italia che più parla al mondo”. Il saggio di Ignazio Masulli dimostra quanto siano false e strumentali le paure alimentate da chi fa credere che i migranti minacciano il lavoro, la sicurezza ed il benessere delle popolazioni originarie. Al contrario, essi rappresentano una risorsa, a questo punto indispensabile, per il riequilibrio demografico dei paesi europei e gli Usa, per la loro crescita economica, né comportano aggravi della spesa pubblica. Infatti, quando il loro lavoro viene regolarizzato, i contributi che essi versano al fisco sono più del doppio delle spese sociali e altre di cui usufruiscono. Sicché partiti e governi nazionalisti e xenofobi ingannano l’opinione pubblica e condannano i loro paesi a politiche di chiusura che ne soffocano le necessarie trasformazioni e possibilità di sviluppo.

Classi lavoratrici e sindacato in Gran Bretagna (1811 -1997)

Ignazio Masulli, in Per una storia del sindacato in Europa, a cura di Maurizio Antonioli, Bruno Mondadori, Milano, 2012, pp. 89-133.

Il saggio ricostruisce il complesso intreccio tra mutamenti economico sociali, movimenti di protesta e le più diverse forme di rappresentanza che questi assunsero in ben due secoli della storia britannica. Sono analizzate non solo le varie fasi che caratterizzarono la lunga storia delle classi lavoratrici e delle loro organizzazioni, ma anche i vari gradi d’influenza che esse ebbero, di volta in volta, nella vita sociale e politica del paese. Ciò consente di comprendere meglio alcuni grandi momenti, come le straordinarie riforme dello Stato sociale nel secondo dopoguerra o la portata e le conseguenze dell’intensa fase di lotte verificatasi negli anni 1968-73. Ancor più netta si percepisce, quindi, la drastica restaurazione rappresentata dalle politiche neoliberiste dei governi Thatcher e Major dal 1979 al 1997. Il saggio di Ignazio Masulli contribuisce alla straordinaria analisi comparata dei movimenti sindacali nei maggiori paesi europei nel lungo periodo che costituisce il notevole pregio storiografico di questo libro.