Ignazio Masulli
Storico contemporaneista

A fronte dei limiti delle politiche governative, le lotte delle classi lavoratrici e delle organizzazioni sindacali si dimostrarono decisive per l’ampliamento dei diritti di cittadinanza politica e sociale in Italia che negli anni Sessanta e Settanta accusava ancora un forte ritardo rispetto alle riforme già realizzate negli altri maggiori paesi dell’Europa occidentale.
In occasione del centenario della Fiom i suoi dirigenti nazionali e regionali dibattono insieme ad alcuni storici un nodo centrale dell’azione sindacale, quello tra lotte e rappresentanza dei lavoratori. La ricerca di Ignazio Masulli esamina tale rapporto in uno dei momenti più alti della conflittualità sociale in Italia e in uno dei suoi epicentri, quando il movimento operaio aspirava a sostituire le proprie istituzioni rappresentative a quelle dello “Stato borghese”.


L’assunto del libro è che solo una totale consapevolezza dei rapporti vitali d’interdipendenza e dell’essenziale unitarietà che connotano la condizione umana può permetterci di compiere le scelte necessarie per costruire un mondo di pace e cooperazione. La maturazione di tale consapevolezza è diventata un imperativo essenziale per garantire la sopravvivenza dell’umanità su questo pianeta. A tale conclusione concorrono i commenti di dodici membri del Club internazionale di Budapest: Peter Russel, Edgar Mitchell, Karan Singh, Thomas Berry, Robert Muller, Riane Eisler, Edgar Morin, Pir Vilayat Inayat Khan, Peter Roche, Gary Zukav. Tra questi, Ignazio Masulli sostiene la necessità di attingere ad un nuovo livello della coscienza storica, una coscienza di noi stessi come specie. Infatti le responsabilità dell’evoluzione non possono più essere affidate solo ai meccanismi individuali di difesa, che attualmente costituiscono i soli fondamenti dei nostri giudizi di valore. Questa responsabilità è divenuta un problema di scelte storiche che riguardano l’intera specie.
Il processo storico di crisi e trasformazione può essere paragonato ai processi di biforcazione che caratterizzano i mutamenti in tutti i sistemi complessi: Tali sistemi, inizialmente studiati nella fisica dei processi irreversibili, in alcune classi di fenomeni chimici e negli studi macroevolutivi in biologia, presentano in realtà proprietà che si attagliano perfettamente allo studio dei mutamenti storici con vantaggi non trascurabili.


I portati della terza rivoluzione industriale, a partire dalle applicazione della microelettronica all’automazione spinta della produzione, ripropongono non solo l’attualità del concetto di “esercito industriale di riserva”, ma dimostrano la significativa ricorrenza ed il carattere imprescindibile di alcune dinamiche di fondo dello sviluppo capitalistico.
Nell’interpretazione storica un modello di spiegazione di tipo causale si rivela presto inadatto in quanto troppo deterministico, D’altra parte il ripiegamento su una mera ricostruzione di eventi, quale alla fine è affidata al paradigma narrativo, costituisce un’alternativa soddisfacente. Viceversa il riferimento alle relazioni di trasformazione che caratterizzano i sistemi complessi pone gli storici nella condizione di poter spingersi oltre la vecchia dicotomia tra caso e necessità. Il guadagno metodologico può essere dimostrato attraverso un esempio comparativo.


Il paradigma della forma si dimostra in grado d’interpretare l’auto-organizzazione dei sistemi complessi sia nell’evoluzione naturale che in quella socio-culturale della specie umana. Tre sono le proprietà di tale auto-organizzazione che vanno sottolineate: 1) il percorso storico che caratterizza l’evoluzione dei sistemi complessi; 2) il mutamento che si verifica alla soglia critica dell’instabilità ha un carattere di singolarità, singolarità che può essere definita solo storicamente; 3) Il cambiamento è imprevedibile. Inoltre il paradigma della forma si mostra in grado di superare la tradizionale dicotomia caso/necessità.